Il femminismo digitale ha dei problemi


Sono femminista da circa due anni. Sono una ragazza giovane, con tanta voglia di fare nella vita. Sono grassa, ma sono bianca, sono una donna, ma sono etero e cisgender. Diciamo che ho una serie di privilegi che si contrappongono ad una serie di problemi che la società mi causa, come la grassofobia, il maschilismo, il sessismo, la disparità di genere, il continuo dover rispettare la bella presenza nei posti di lavoro, cosa che viene difficile quando non sei alta nemmeno 1 metro e 60 (1 metro e 58, quanta tristezza) e sei small-fat. 


La consapevolezza dei tuoi privilegi ti porta a renderti conto anche delle discriminazioni che subisci, e così per me è stato. Il femminismo mi ha fatto aprire gli occhi su un sacco di cose, mi ha fatto vedere il mondo da una prospettiva diversa. 

Facendo attivismo su Instagram (qui per il mio profilo) mi sono resa conto però di quanti problemi il femminismo abbia, problemi che portano un movimento sociale così importante ad avere una nomea terribile e a frammentarsi in tanti piccoli gruppetti che non portano a nulla di positivo.  

Instagram è la nuova piazza in cui manifestare, è il sostituto dei collettivi femministi, ci si può incontrare e scambiarsi delle idee,  si può litigare e non arrivare mai ad un punto d'incontro, ma si può anche fare rete con un sacco di persone che magari nella vita quotidiana sono lontanissime da te (proprio a livello di km) e questa è la cosa che preferisco dei social, mi permettono di interagire con persone che probabilmente non avrei mai incontrato. Il femminismo su Instagram è comunque un'arma a doppio taglio, ma dopo ci torneremo. 

     Il femminismo su carta è un'ideologia pura, bella come il sole, il problema arriva quando l'ideologia incontra le persone. 
Ognuno di noi ha un proprio vissuto che ci distingue e che influenzerà sicuramente la nostra lotta femminista e anche la nostra idea di femminismo. 
Questo è normalissimo, è la natura umana, ma credo che l'eccessiva personalizzazione di un movimento così importante sia dannosa proprio per la comunicazione del movimento stesso. 

Sentiamo sempre di più termini come ''nazifemministe'', oppure frasi associate alle femministe che non ci appartengono come ''le femministe odiano gli uomini'' oppure ''il femminismo non vuole la parità ma la supremazia delle donne''. 
Mi sono chiesta il perchè e soprattutto ho cercato di individuare i problemi del femminismo contemporaneo/digitale. 

Sono partita per gradi: questa riflessione nasce dallo scontro di idee che ho avuto in ambito femminista, come l'adozione del femminile sovraesteso nel linguaggio quotidiano, come esclusione degli uomini dal movimento femminista, come l'esclusione delle donne trans dal movimento. 
Tutte idee che non condivido in assoluto, ma che fuori dalla nostra bolla vengono prese, criticate e in modo generico affibbiate al movimento femminista, e di conseguenza tutte le femministe diventano delle pazze estremiste. 

Questo articolo vorrei che fosse una sorta di autocritica collettiva, da parte mia e da parte della mia bolla femminista che seguo e che mi segue su Instagram. 

   Un po' di tempo fa ho chiesto alle persone che mi seguono di dirmi quali sono secondo loro i problemi del femminismo e ne è uscita una discussione strepitosa. 

Alla domanda ''Quali sono i problemi del femminismo secondo te?'' queste sono state alcune delle risposte: 


Qui continua con ''Anti-maschio''. Credo che questo sia uno dei problemi principali del femminismo. Proprio la percezione delle persone che sono fuori dal contesto femminista. 


Se il femminismo della quarta ondata (il femminismo intersezionale) viene percepito come POCO INTERSEZIONALE allora vuol dire che dobbiamo davvero farci due domande. 
I pregiudizi sono il male, si sa, dovremmo tutte e tutti toglierceli di dosso. Quelli che il femminismo si porta dietro sono lo strascico delle ondate precedenti. 
Ed ecco che una di voi arriva dicendomi proprio che il problema secondo lei sta nelle giovani femministe che continuano a seguire ondate di femminismo morte e sepolte, cose vecchie a cui si cerca di dare ancora fiato, ma che nel 2021 non funzionano più, erano giuste nel loro tempo, nel loro contesto, ora abbiamo bisogno di cose diverse. 

 Non dovrebbe essere un gruppo d'élite, ma un movimento che parla alle masse, che smuove gli animi. Non dovrebbe spaventare, ma farci sentire accolte/i/u a braccia aperte, in un luogo e spazio sicuro, mentre molto spesso non è così. 
Questo è un altro tasto dolente, molte persone ritengono che si debba cambiare il nome ''femminismo'' in qualcos'altro, perchè credono che la parola rimandi a qualcosa di sbagliato e che tiri in automatico su dei muri. 
Altra percezione esterna al femminismo molto diffusa. Si pensa che ci sia una totale chiusura nei confronti delle persone che non la pensano allo stesso modo da parte delle femministe, di conseguenza una mancanza di confronto e un rinchiudersi nella bolla. In realtà è più complesso di così, perchè dietro alle attiviste femministe ci sono delle persone e molto spesso i famosi ''confronti'' sono shitstorm, quindi ci sarebbe da fare un articolo a parte. 


Queste sono solo alcune delle risposte che ho ricevuto, e credo che facciano molto riflettere. Credo che mettano in luce dei problemi concreti del femminismo intersezionale digitale, su cui bisogna sicuramente lavorare. 

Altre persone mi hanno scritto che hanno l'impressione che il femminismo si una setta, altre ancora credono davvero che il femminismo voglia la supremazia femminile. Una ragazza supponeva che in automatico il femminismo sarebbe diventato un maschilismo al contrario, ''perchè chi è stato oppresso tende a voler essere oppressore se ne ha la possibilità''. 


Questo è solo un pezzo di un altro messaggio che ho ricevuto che mi ha molto colpita.
 Un riassunto così schematico e dettagliato di quali sono i problemi del femminismo secondo questa ragazza che si definisce femminista: 














Mi ha fatto capire che non solo l'unica a provare dei sentimenti contrastanti sul movimento che io amo così tanto e in cui credo ciecamente. 

Così ho deciso di chiedere direttamente ad alcuni miei amici e mie amiche che cosa ne pensassero di tutta questa faccenda e soprattutto sapere se anche per loro il femminismo ha dei problemi. Inizio a presentarveli. 


Il Femminismo è parità

La prima persona con cui ho parlato è stata  Vanessa Putignano

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23 anni, pugliese, laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi in Sociologia Generale (''Stereotipi e mercificazione del corpo femminile in pubblicità, televisione e media''). Attualmente è iscritta ad una Magistrale in Comunicazione Pubblica, Economia ed Istituzionale. 
 Nella vita fa la social media manager e la press officer occupandosi di promozione musicale. 

Lei descrive il suo attivismo online così: 

''Su Instagram provo a fare divulgazione su tematiche sociali e politiche: mi occupo soprattutto di diritti delle donne, spesso subordinate al potere maschile. Provo a fare attivismo femminista perchè desidero un mondo egualitario e io in quanto donna ho avvertito il mostro del maschilismo troppe volte nella società patriarcale in cui vivo. Credo fortemente nella parità di genere. Ho deciso di alzare la testa e occuparmi della creazione di contenuti sui social per portare anche le persone che mi seguono ad una riflessione sul perchè ''Dovremmo essere tutti femministi'' (Cit. al libro di Chimamanda Ngozi Adichie) ''

Vanessa è femminista perchè vuole cambiare la società in cui vive, con la consapevolezza che lei continuerà a subire discriminazioni per il suo genere, ma spera di creare un mondo migliore per una futura, ed ipotetica, figlia: ''Spero in un cambiamento sociale''. 

Alla domanda ''quali sono i problemi del femminismo'' Vanessa fa un ragionamento molto interessante: 

''Quando mi chiedi quali sono i problemi del femminismo, io su due piedi ti risponderei che per me il femminismo di problemi non ne ha, o meglio, mi piace tutto della mia idea di femminismo. Credo nei singoli movimenti, sia passati che attuali. Il femminismo a cui io aderisco è il femminismo intersezionale che tiene conto di tutte le discriminazioni, che alla fine sono collegate fra di loro, e che include all'interno della lotta sia uomini che donne. Credo che questo sia fondamentale per arrivare al nocciolo del problema.''

 

''Quello che assolutamente non mi piace è l'eccessiva estremizzazione che poi trasforma il femminismo in quello che il femminismo non promuove. Se il movimento punta alla parità deve prendere in considerazione in maniera paritaria sia gli uomini che le donne, mentre io ho conosciuto ''femministe'' che volevano addirittura la supremazia femminile, quindi ad esempio utilizzare il femminile sovraesteso quando si fa riferimento ad un gruppo di persone e secondo me questo è un sessismo al contrario. Per me il femminismo è parità, quindi io questa concezione non la condivido assolutamente. ''

Vanessa infine conclude con una frase che centra esattamente il punto. 

''Esistono molteplici femminismi, la cosa importante è aderire al nostro tipo di femminismo, nel quale appunto ci si riconosce, ma la cosa fondamentale è il cambio di rotta unitario, dobbiamo andare verso lo stesso obbiettivo ovvero LA PARITA'.''  

 

 

Femminismo Instagrammabile 

Dopo Vanessa è stato il turno di Jessica, una ragazza e attivista strepitosa che il magico mondo di Instagram mi ha permesso di conoscere. 

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Jessica Margiotta, 20 anni.

Studia  Psicologia alla Sapienza.
Fa parte del consiglio comunale dei  giovani, di una associazione   giovanile  apartitica ed una   associazione anti-  mafia nella sua   città (Aprilia, LT).

 

Nel tempo libero recita, scrive e  fotografa tutto ciò che la emoziona.

 

 ''Sono femminista da circa due anni: cerco di diffondere il femminismo come cosa buona e giusta e di smentire tutti i pregiudizi e stereotipi che si celano dietro ad esso. Questa battaglia la porto avanti con tenacia in tutte le sfere che compongono la mia vita reale e quella digitale di Instagram trattando le varie tematiche inerenti al femminismo, insieme alle altre attiviste di cui nutro una profonda stima, cercando di arrivare alla maggior parte delle persone.''


Alla domanda cardine di tutto questo articolo Jessica risponde così: 

"Quali sono i problemi del femminismo oggi?", mi chiede Dalila. Io rispondo con due parole semplici: femminismo Instagrammabile.

Nonostante il soffitto di cristallo si è scheggiato in molti punti oggi, non dobbiamo dimenticarci che è stato il risultato di grandi lotte combattute da grandi femministe a partire dalle Suffragette e non da pagine Instagram che trattano il brand feminism.

A cosa mi riferisco? Alle pagine di Instagram pink washing come “Freeda”;

purtroppo le persone più giovani associano il femminismo alla pagina di Freeda pensando basti una frase come “siamo belle anche con i peli” per scardinare tutti i pregiudizi dietro a temi complessi come il corpo della donna, essendo stato ed essendo ancora oggi il monopolio di una cultura maschilista.

Freeda, nonostante affermi di appartenere al femminismo della quarta ondata (quello più aperto e inclusivo), propone quel femminismo di stampo liberal tipicamente americano nel quale l’emancipazione della donna passa attraverso l’auto-affermazione imprenditoriale e l’epopea individuale, infatti non stupisce che le protagoniste di Freeda siano donne che “ce l’hanno fatta”.

Questi contenuti pieni di “frivolezza” sono dannosi soprattutto per i più giovani, poiché si finisce per credere che tutte noi donne “forti” possiamo rompere quel tetto di cristallo “proprio come ha fatto Beyoncè”.

Nonostante queste note negative riconosco che i video biografici di Freeda sono diventati un modo per far conoscere a tutt* delle personalità, dei corpi non conformi che altrimenti sarebbero stati soggetti ad ulteriore stigma.

Spero che questo spunto di riflessione possa piacervi e tante grazie alla mia amica Dalila per avermi accolta nel suo blog. ''

Jessica in modo chirurgico apre un'altra questione molto importante: la comunicazione di massa di un movimento sociale come il femminismo. Purtroppo, come giustamente dice lei, per le persone esterne alla bolla femminista, il movimento viene associato a pagine commerciarli come Freeda, che basano il loro Business sul girl power e ''l'emancipazione femminile'' pubblicizzando marche di rasoi da donna per depilarsi al meglio le gambe, ma hey! se non ti vuoi depilare sei bella lo stesso!
Credo che sia importante cambiare la comunicazione del femminismo online per renderla più facilmente fruibile alle persone che di femminismo non sanno nulla e per togliere credibilità (anche solo per staccarsi) a pagine sul filone Freeda. 

Cambiano gli spazi e i luoghi


Ci tenevo ad avere una voce maschile all'interno di questo articolo, perchè gli uomini femministi esistono e sono anche dei gran fighi, quindi ho chiesto al mio amico Antonio Di Nardo, conosciuto per caso all'interno di uno splendido collettivo che si chiama ''Officina Femminista''. 
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Antonio Di Nardo, 26 anni, nato ad Aversa, ma vive a Napoli.
Ha studiato Graphic Design all'Accademia di Belle Arti. 

 ''Mi sono avvicinato alle lotte sociale e politiche in adolescenza e da un paio d'anni posso definirmi femminista negli ideali e nella militanza. 

Ambisco a una società egualitaria, da raggiungere con le buone o con le cattive'' 


 Avete mai pensato a quanto la comunicazione femminista sia cambiata negli anni? Pensate a tutte e 3 le ondate femministe passate. In questo momento storico stiamo vivendo un cambiamento epocale proprio a livello di spazi in cui comunicare, in cui ''manifestare'', in cui riunirsi. 
Antonio la pensa così:

''Dovendo parlare di quello che secondo me non va nel movimento femminista italiano è doveroso specificare che il mio pensiero si fonda su esperienze, idee e un percorso di consapevolezza personale e in continuo divenire.

Il femminismo e le lotte a esso legate hanno rappresentato tanto per me negli ultimi anni. Partendo da un’auto-analisi del mio status sociale e dei miei privilegi è stato naturale avvicinarmi a quelle lotte e al movimento stesso. 

Detto ciò, non posso che partire dall’impatto sociale che il femminismo ha nell’Italia contemporanea.

 

È indubbio che in una società fortemente conservatrice e patriarcale quale la nostra questo movimento debba sgomitare senza tregua per potersi affermare come voce e cuore pulsante di milioni di persone. È altrettanto evidente, però, che negli anni la partecipazione è sempre maggiore e che, anche grazie all’esplosione dei social come mezzo di comunicazione e auto-organizzazione, le nuove generazioni si avvicinano in maniera spontanea.


E qui, secondo me, iniziano anche i problemi. Qui si svela l’altra faccia della medaglia.

 

Soprattutto nell’ultimo anno, condizionato pesantemente dalla pandemia che abbiamo ormai imparato a conoscere, il movimento si è dovuto adeguare ad altre dinamiche comunicative trasferendosi quasi interamente sui social con dirette, incontri e conferenze.

La paura che nutrivo da tempo è stata accentuata proprio da questa situazione. Se da un lato così facendo si può raggiungere un’ampia platea in maniera immediata, dall’altro lato si taglia completamente fuori una platea ancor più importante e bisognosa d’essere inclusa.

Le masse popolari.

Proprio in virtù di quel processo di consapevolezza sui propri privilegi non possiamo pensare che la “stanza” in cui discutiamo possa da sola contenere la totalità delle persone necessarie per raggiungere quegli obiettivi e quel cambiamento cui ambisce la lotta femminista.


Quella “stanza” rischia di rappresentare un freno, rischia di creare una comunità sicuramente consapevole ma circoscritta ad una precisa classe sociale, ad un target ben definito. Volendo fare una metafora potrei dire che, ad ora, il movimento sta lavorando in maniera efficace, veemente e costante su un blocco d’argilla.

Con la forza di migliaia questo blocco d’argilla si sta trasformando in tanti individui consapevoli che contribuiranno alle attuali e future battaglie.


Quello che, invece, il movimento fatica ancora a fare è lavorare su un blocco di pietra dura. Un enorme blocco che può sembrare impenetrabile se lo si lavora come si fa con l’argilla. Nulla possono le mani nude contro un monolite di pietra ed è qui che, secondo me, si rende necessaria un’analisi sull’approccio che il movimento deve per raggiungere le masse.

Quello che oggi è davvero necessario sta nel capire quali strumenti vanno adoperati per plasmare la pietra dura e formare ancora più persone pronte a partecipare, lottare e finalmente conquistare i sacrosanti diritti di tuttə.''

La bolla femminista

Polemicami è il profilo di Camilla Deiana. Il suo feed Instagram è formato da tanti animali super carini e da pillole di femminismo molto chiare e pungenti. Appena l'ho scoperta me ne sono subito innamorata! 
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Camilla Deiana, 23 anni, vive a Treviso. Laureata in Scienze Tecniche Psicologiche. Ha proseguito gli studi in Psicologia Sociale e del Lavoro. 


''Sono una femminista intersezionale, sono vegetariana e nel mio tempo libero faccio yoga e volontariato in un canile'' 




Io e Camilla ci siamo scambiate degli audio in cui discutevamo proprio del tema di questo articolo, così ho deciso di includerla all'interno di questa mega autocritica collettiva e ne è venuta fuori una riflessione davvero interessante, sia sul rapporto che le persone che fanno attivismo hanno nei confronti delle persone che di femminismo non ne sanno niente, sia sul rapporto che invece c'è con le attiviste più conosciute e quelle meno conosciute. 

''Secondo me il problema è che facendo attivismo su un social come Instagram si crea una sorta di bolla e dal momento in cui si mette il piede fuori dalla zona protetta ci si rende conto che il mondo è completamente diverso da quello che abbiamo creato qui su Instagram. 

 Allo stesso tempo le persone che fanno attivismo su Instagram non si rendono spesso disponibili al dialogo perché molto spesso le altre persone non sono sullo stesso livello di conoscenza della materia, oppure argomentano con delle opinioni che si distanziano molto dagli ideali femministi ed è quindi più faticoso mettersi a discutere o a spiegare. 

 In questi casi trovo che ci sia una forte chiusura, che non ci si renda disponibili al dialogo e penso che questo non sia giusto. Mi rendo conto che per le persone che fanno attivismo online sia faticoso rispondere in continuazione alle stesse domande con le stesse argomentazioni solo perchè la gente non ha voglia di informarsi. Non so quale sia la soluzione a tutto questo ma sono convinta che ci sia proprio un problema di comunicazione.

 

Un altro problema è la polarizzazione fra le persone femministe e le persone che non si reputano femministe e anche questo crea un grosso problema comunicativo. 

 

Ho notato che nel femminismo della quarta ondata, quindi il nostro, che si svolge e prende forma principalmente online, si tende ad idolatrare alcune attiviste e non si approfondisce quello che dicono e non si fa un ulteriore ricerca di informazioni. Questo significa fidarsi ciecamente di quella persone senza cercare conferme. Questo atteggiamento a lungo andare può essere deleterio, le persone possono sbagliare e non è sempre cosa buona e giusta fidarsi completamente di quello che una persona dice, perché magari non è sempre e in ogni caso corretto.''


Sono molto contenta di aver intrapreso questo viaggio all'interno dei problemi del femminismo che la mia bolla femminista ha riscontrato e riscontra tutti i giorni.

Credo fermamente che un movimento del genere debba ogni tanto fare autocritica e aggiustare il tiro, perchè la posta in gioco è troppo alta. Parliamo di diritti, di uguaglianza, parliamo di lotte sociali. Non sopporto vedere ridotto il movimento in cui io credo con tutta me stessa ad un hashtag o a guerre social. No, non mi piace e non ci sto. 

Spero che sempre più persone che fanno attivismo online si rendano conto che magari bisogna correggere la comunicazione e non perdere di vista il focus, ovvero la battaglia femminista, che non è escludente, ma anzi, intersezionale

Dobbiamo creare collettivi digitali e fisici, pagine di divulgazione, partiti politici, associazioni. Cerchiamo di mettere in atto, concretamente, il nostro attivismo senza distrazioni. 
Creiamoci il nostro spazio, perchè nessuno ci regalerà niente. 


Dalila Bagnuli





























 

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